La divergenza mitanalitica

La scrittura di sé, al di là del «funambolismo» sul filo scritturale evocato da Orazio Maria Valastro, nella sua «cerca errante» alla ricerca della sua espressione compiuta, risuona con le nostre emozioni prospettiche nonché retrospettive. Ci mette in contatto con i miti incorporati nelle parole e nella sintassi che scegliamo per raccontare di noi. E questo schizzo di una narrazione mitica della nostra vita, quando appaiono dei vuoti tra la nostra memoria ordinaria di ciò che abbiamo vissuto e ciò che evochiamo scrivendolo, ci spinge a «dissentire» con la normalità sociale che ci ha represso in passato o che tenderebbe a opprimere il nostro futuro.

Al di là del sintomo, questa dissidenza è fondamentale nella pedagogia valastriana. È un segnale delle fragilità e delle precarietà del nostro vissuto, di cui prendiamo coscienza rivoltando le parole come delle pietre per pronunciarle, sia che vogliamo negarle, rinnegarle, nasconderle o denunciarle. Sono le pietre restituite e riscolpite con cui costruiamo il futuro a cui il passato ci rimanda. Perché potenzialmente abbiamo in mente questo futuro che ci permetterà di distinguerci dall’esperienza con cui siamo stati identificati. Questo differenziale è il margine di dissenso che costruiamo in relazione alla tossicità delle norme sociali passate, presenti e future.

È in questo margine scritturale che si gioca la pedagogia mitanalitica, «in un corpo a corpo» testuale e immaginario, per usare l’espressione di Orazio Maria Valastro. E noi speriamo che la perdita di stabilità, la destrutturazione, la volatilità, la profondità della crisi attuale, sia locale che globale, che evidenziano la morbidità della normalità sociale che ci sovrasta, porterà a un ampliamento di questo margine di dubbio. Questo caos, al di là della terribile processione di morti e sofferenze umane, può quindi essere visto come una straordinaria opportunità per riconquistare la nostra libertà di pensiero e d’immaginazione. Poiché il mondo era scandaloso e lo rimane, perché non osare metterlo in discussione – e noi stessi con esso – in rottura, in divergenza, in termini nuovi?

Abbiamo vissuto due divergenze principali in rapida successione. Quella del digitale a cavallo del millennio costituisce una grande rivoluzione antropologica. Ci ha portato dall’era del fuoco all’era dell’informazione. Ci ha costretti a ripensare il nostro spazio-tempo, i nostri concetti, i nostri valori, la nostra governance secondo nuovi paradigmi digitali. Ha indotto irreversibilmente una coscienza planetaria che sta cambiando il destino dell’umanità. E ora, in meno di una generazione, siamo di nuovo sotto pressione. Il nostro nuovo potere, così recente e strabiliante, è radicalmente messo in discussione dal Covid 19.

Questo virus di così poca materia rivela dietro il nuovo bagliore di CyberPrometeo, il nostro istinto per il potere esacerbato dalla magia del mondo digitale che abbiamo celebrato con così tanto fascino, in netto contrasto con la debolezza della nostra condizione mortale. Sono tante emozioni, in così poco tempo, e ciò spiega i radicalismi di tutti i tipi a cui siamo sottoposti. Dopo essere saliti così in alto, non ci aspettavamo di cadere di nuovo così in basso. L’antropocene che ci ha esaltato non è durato a lungo. Questo virus di nulla, che covava tra le braci dei nostri eccessi, lo ha rimandato nell’inferno delle nostre fantasie più tossiche. Il pianeta, la natura, la democrazia, la verità, la libertà sono in pericolo. Noi siamo in pericolo.

Dobbiamo quindi imparare a valutare questi pericoli, a pensarli, a evitarli, sia individualmente che collettivamente, e ora su scala globale. È urgente pensare a delle alternative all’antropocene per il pianeta e per ciascuno di noi e con urgenza. Il momento è antropologico. E i concetti, gli immaginari, le parole, sono gli strumenti delle nostre coscienze, della nostra salvezza personale e collettiva. Con le parole e gli immaginari, sono le nostre narrazioni collettive che possiamo mettere in discussione e reinventare. Per cambiare il mondo, le società, le persone, noi stessi, dobbiamo cambiare i nostri miti. Questo ci ricorda un altro mantra fondamentale della mitanalisi.

Hervé Fischer
L’arte mitanalitica, prefazione al volume Poetiche contemporanee del dissenso: immaginari del corpo autobiografico, di Orazio Maria Valastro, pubblicato da Aracne Editrice, Roma, Aprile 2021, 316 pp.

Hervé Fischer: filosofo e artista multimedia di nazionalità francese e canadese. Le sue opere sono state esposte in numerosi musei e biennali internazionali in Nord America e in Europa. Fondatore e presidente della Società Internazionale di Mitanalisi – www.mythanalyse.org (Montréal, Québec – Canada). Direttore dell’Osservatorio internazionale del digitale (Università del Québec).

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