Le giovani generazioni sono un riflesso trasfigurato della nostra umanità futura

Quali sentimenti sperimentano e vivono una intera generazione di giovani? Come immaginano e rappresentano sé stessi, la loro relazione con gli altri e il mondo? La nostra umanità si misura sui valori che abbracciano le giovani generazioni, o sui valori rispetto ai quali queste stesse generazioni si rendono indipendenti. Credo sia questa la cifra letteraria ed esistenziale con cui apprezzare l’opera dell’autrice. Le lettrici e i lettori sono interpellati dalle domande che si pone il romanzo sui giovani millennials, ragazze e ragazzi nati tra la prima metà degli anni Ottanta e i primi anni del Duemila, dei quali l’autrice traccia la loro vita sullo sfondo di una umanità del terzo millennio.

Chi sono i giovani millennials? O perlomeno, cosa dicono di loro esperti e specialisti, ricercatori e studiosi della società contemporanea e del mondo sociale di cui facciamo l’esperienza? La generazione dei millennials è stata raffigurata da un nucleo di elementi significativi che compongono immagini ambivalenti. A seconda di come la osserviamo e la comprendiamo possiamo pensarla come una generazione egocentrica, i giovani considerano e ammirano soltanto sé stessi con compiacimento; oppure, sono vivamente partecipi di una crescita umana e culturale, non necessariamente entro i valori delle generazioni precedenti fondati sul potere e sul denaro. Le lettrici e i lettori sono tuttavia accompagnati a vivere le vite dei personaggi che nel romanzo si intrecciano, le storie di giovani donne e giovani uomini che si sovrappongono. Sollecitati a immaginare e contemplare una diversa chiave di lettura del vissuto quotidiano di questa generazione, sospinti anche oltre quello che la stessa opera riflette, oserei scrivere.

Permettetemi a questo proposito una digressione, inevitabile ed essenziale, per evocare una qualità e delle caratteristiche che conferiscono all’autrice un sentimento poetico, in grado di intuire e riconoscere l’altro da sé e la sua esperienza umana. Ho conosciuto personalmente Lidia Popolano e la sua scrittura quando la sua opera “L’ultima volta che vide la nave”, è stata premiata nella sezione biografie in occasione della quarta edizione del premio internazionale Thrinakìa di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche dedicate alla Sicilia. La narrazione della vita del padre Guido, la sua famiglia è originaria di Trapani, aveva già allora in animo di reggersi sull’ascolto sensibile dell’altro. Una biografia appassionata che avvince i lettori con le storie raccontate dal padre alla figlia, quelle storie che hanno conquistato l’infanzia e l’adolescenza dell’autrice.

Il racconto della vita del padre, la sua giovane esperienza della Seconda Guerra Mondiale, è un dialogo emozionante e doloroso tra l’autrice e suo padre. Un dialogo consegnato ai lettori grazie alla giustapposizione dei ricordi della famiglia che aiutano l’autrice a raccogliere la memoria biografica del padre: giovane di sedici anni partito volontario per la guerra. La sua storia, prima balilla e poi avanguardista, spinto dal desiderio di essere attivamente presente nel conflitto in atto, desiderio che gli fu fatale rendendolo mutilato di una gamba, l’aveva sempre interpellata. Esortata da quelle narrazioni, le numerose volte in cui come figlia e donna della famiglia chiedeva al padre qualcosa sulla sua giovane vita, era indotta ad apprezzare gli episodi di guerra, quelli più nobili e quelli spregevoli, gli eroismi e la perdita di umanità. Il legame dell’opera biografica con l’attuale romanzo è esplicito: qual è il senso di una singola esistenza e il senso di una generazione? Cosa affidano pertanto i giovani millennials alle generazioni future: la propria vita e i perché risolti e irrisolti di una quotidianità privata e collettiva intessuta di inciampi e difficoltà, nuove responsabilità e scelte ricche di costellazioni che orientano il futuro della nostra relazione con gli altri e il mondo.

L’importanza del titolo del romanzo, Costellazioni, non si esaurisce qui. Acquistano significato l’insieme delle relazioni e degli affetti, delle attese e delle esperienze colte e inverate, intuite o sospese dai giovani personaggi, lasciando emergere delle costellazioni che assumono delle forme e un senso di formazione per le loro vite. Occorre considerare ad esempio come vivano la singolarità della loro esistenza, quasi osservandola dall’esterno, situati al di fuori del flusso dell’esistenza, per desiderarla con tutto sé stessi. Ecco allora che li vediamo vivere nel momento in cui avvertono di sentirsi fuori posto rispetto al tempo e al luogo in cui sono, riconoscendo nella loro vita imprevedibile e irripetibile la singolarità della propria esistenza. Desiderano aspirare all’estasi della sensibilità e della coscienza, nella contemplazione dell’avvento dell’enigma dell’esistenza. Ed è in questo stato di vivo godimento, percepito come sentimento di ebbrezza per la partecipazione possibile dell’intimità degli esseri fra di loro, che l’incanto della condizione di unione con gli altri si esprime in una sorta di felicità e comprensione dell’essere insieme.

Eppure non sono totalmente accecati, stregati e ammaliati, perché non sono privati della coscienza che lo stupore dell’estasi dipende, ed è strettamente proporzionale, alla comprensione dell’informe che rappresenta la loro vita nella sua pura mutabilità, tesa tra l’amore e l’indifferenza, tra la vita e la morte. Sono intenti a scindere e integrare ferite irrisolte e rimarginate, con le gioie della vita. Il contrasto e il rapporto dinamico tra il qui e il non ancora, tra il qui e un altrove, meditati e fecondi di significato, articolano uno spazio poetico che sperimenta l’esperienza di fratture e immobilità, di slanci e trasformazioni, intessendo l’informe vissuto e prefigurandone la sua rigenerazione e trasmutazione.

Le sensazioni legate agli accadimenti si intrecciano con i dubbi e le eterne insicurezze per lasciare emergere conflitti insoluti, esigendo che nessuna domanda rimanga senza risposta, perché troppe sono le domande nella loro vita che sono rimaste in sospeso. Le costellazioni incarnano pertanto delle immagini antagoniste che mettono in gioco degli amorevoli tentativi di riequilibrare le dimensioni biologiche, psichiche e sociali dei personaggi, nella speranza di cogliere e migliorare la loro condizione, rinnovando la nostra comune visione del mondo. I personaggi del romanzo riescono tuttavia a essere presenti a sé stessi e agli altri, anche per un breve momento, consapevoli di essere al centro di nulla, e coscienti della difficoltà di preservare questo stato dell’animo che ha trasformato il loro cuore. Sono per l’appunto queste costellazioni ad assumere pieno significato nelle parole del personaggio di Adèle. «Credo che la nostra generazione stia vivendo qualcosa di unico che riusciamo a vedere solo osservandolo dal nostro particolare punto di vista; qualcosa che rappresenta forse un artificio esistenziale, visibile solo a noi. Costellazioni. (…) È una parola che sembra avere un senso nella mia vita, da qualche tempo

Entrare in sintonia con sé stessi, essere presenti a sé stessi, agli altri e al mondo, è un voler vivere le costellazioni che questa generazione condivide e che segnano la loro comune condizione. Le loro anime risuonano in solitudine con amarezza, benché condividano una rete di amici e il coraggio di fare esperienze insieme a loro, sollecitate nella continua cerca di una nuova presenza. Sperimentano queste solitudini imparando ad apprezzare il silenzio, a sperimentare gli incontri con l’altro per svuotare il proprio cuore, come si domanda un altro personaggio, Carlo; per sentire se possono ancora dare e ricevere, o possono avvertire il loro cuore spezzarsi per qualcosa o per qualcuno. Corrono dei rischi per amare, per amore si espongono e osano, non per inseguire vittorie o essere felici, quanto per imparare ad accogliere i cambiamenti che possano riversare incanto e pienezza nella loro vita.

Tutto ciò reclama un altro genere di coraggio e di eroismo, pervaso di comprensione e reciprocità di sentimenti. Ogni personaggio si commuove e immagina, reclama una nuova presenza a sé stesso e agli altri. Quando le esperienze che vivono rivelano tutta la loro fragilità, i tentativi di una conversione del dolore e della sofferenza, della nostalgia e delle assenze sofferte, delle privazioni e del distacco, tracciano un percorso alternativo per approdare su rive inesplorate della vita. Sono allora le parole giuste che risuonano nella cerca quotidiana dei personaggi, quelle che esortano all’incontro e all’ascolto, alla comprensione di sé stessi e dell’altro da sé come possibilità di apertura e relazione, nella speranza di generare una nuova presenza rispetto alle loro inquietudini e al timore di vivere. Di vivere un presente, fatto di istanti o di eternità, percorrendo strade differenti e cammini diversi; nella convinzione che nonostante la distanza e l’assenza sia possibile condividere la vita insieme alle persone che si amano, senza fondare la propria sopravvivenza sull’altro.

Non rinunciare a sognare e ad amare, è questa la forza, e al tempo stesso la debolezza dei personaggi del romanzo. Sono inclini a coltivare i sentimenti per divenire consapevoli e presenti a sé stessi e al mondo, nell’incompiutezza dell’esperienza della vita. Riconoscendo la pienezza della loro esistenza, dimorano cionondimeno indeterminati e molteplici nelle loro infinite possibilità, convivendo con l’amore e con la morte. È questa la loro vocazione, il loro talento. Mettendo a nudo la loro debolezza instillano nella coscienza un segno di speranza, la possibilità di modificarsi e trasformarsi, sebbene siano consapevoli che in pochi sopravviveranno alla realtà della loro condizione generazionale.

Sempre in cerca di autenticità e di verità, di conferme della propria identità, resistono alla fragilità esistenziale e sociale sperando di trovare le parole giuste per sé stessi e per gli altri. In cerca di scelte benefiche e portatrici di speranza per la nostra umanità comune ci mostrano che il cammino verso il nostro futuro passa attraverso di loro: «insegniamo ai nostri figli a tenere duro; comunichiamo loro con quanta forza ci abbiamo provato!». È attraverso di loro, al loro timoroso e trepidante tentativo di trovare le parole giuste, che possiamo elaborare un pensiero sensibile restituendo senso all’esperienza viva delle donne e degli uomini per accoglierla, riconoscendo quei valori che sono benefici alle relazioni umane e alla nostra stessa umanità.

Orazio Maria Valastro

Sociologo, mitanalista, autore, scrittore, formatore e consulente autobiografico, ha ideato e presiede il premio internazionale Thrinakìa di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche dedicate alla Sicilia, ha fondato e dirige la rivista internazionale M@gm@ di scienze umane e sociali.

Prefazione al romanzo non di genere di Lidia Popolano, Costellazioni, AbelBooks, 2021, ISBN 9788867522491.

Andrea Bassani, Ricordati di me, 2020.

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