Il ramarro sogna


L’immagine del ramarro è al centro della poetica di Maria Gemma Bonanno, mia madre, ne è il suo paradigma, operando in continuità con quel sentimento di rinascita e trasformazione, a lungo ricercato e meditato, cui l’autrice ha dato forma nella sua prima antologia di poesie. Le sue poesie, in questa seconda raccolta di versi, come ramarri al sole assaporano la vita ricreandola, gioendo di uno stato dell’animo che si lascia guidare dalle immagini di sensazioni ed emozioni. Il piccolo e stanco ramarro ritorna a sognare, ad amare la vita in tutta la sua bellezza e crudeltà, risvegliando la propria anima assopita, sospesa tra l’infedeltà di frammenti di realtà recuperati, e la fedeltà ai silenzi illuminati dal sogno ad occhi aperti che irrompono in questi versi.

L’immaginazione è la chiave che dischiude i segreti racchiusi nei sogni del ramarro, custoditi dentro queste pagine che divengono voragini di carta nella notte quasi opaca alle quali il tempo si sottrae, nonostante sia il ritmo ad avanzare al centro della vita, scandito da stupori e turbamenti che fissano nei ricordi dei momenti preziosi. Procedendo lungo percorsi sperimentati dalla malignità della mente, l’immaginazione è altresì la chiave della speranza che riconcilia con il ritmo della vita stessa, scandito dalla continuità e dalla discontinuità di questi itinerari, dalle storie che isolano le anime. Ecco, allora che, avanzando sulle tracce di un’amarezza segnata dall’immobilità esistenziale, dalle difficoltà e dalle incomprensioni che ci allontanano gli uni dagli altri, la speranza dell’immaginario trasforma i viali della memoria in percorsi alimentati dall’amore verso la vita.

Disillusione e malinconia come lacrime doloranti celano la serenità del ramarro nel mistero dei suoi sogni, e in questo mettersi in cerca di parole sottratte alle esigenze dell’esistenza e all’oblio del tempo, dimora la speranza di pervenire alla gioia estetica di ricreare e abbracciare nuovamente e pienamente la vita. Come ali spezzate si ergono i confini dell’incomunicabilità umana, tuttavia, è nella passione e nella delicatezza dei sogni che risiede la fragilità di questi versi, una sensibilità che trasforma la melanconia in ali di farfalla dagli occhi di fata che hanno il potere di flettere il ritmo della vita nel suo inconciliabile orrore e fascino.

In questo incedere poetico, l’andare e il ritornare più volte all’esterno del flusso contraddittorio dell’esistenza, sollecita a creare e vivere delle immagini come pensieri che respirano, che disimpegnano e alterano il ramarro nel suo legame con il mondo, per ritrovare una vitalità e una leggerezza che restituiscono voce al suo amore verso la vita. Visioni portatrici di un’esistenza notturna e di trasformazioni desiderate, rese operanti da figure umane, animali e oggetti, mettono in risalto l’identità mutevole e precaria del ramarro, accompagnando il lettore a esplorare i suoi sogni transitando dalla tragica condizione umana alla gioia di vivere.

Il ramarro reclama un altro genere di coraggio, pervaso di comprensione e reciprocità di sentimenti, a ogni Orlando furioso, piangente e sognante un mondo eroico, tracciando un percorso poetico alternativo che non esige conquiste e vittorie, ma sollecita il coraggio di approdare su rive sconosciute dalla vita. Le poesie, come sogni allo specchio, stanno in ascolto del ritmo della vita, ribaltando uno specchiarsi vanaglorioso e superficiale nel tentativo di accogliere e coesistere quell’inquietudine che ci sovrasta, per riconciliare la profondità con la superficie delle immagini che ci permettono di andare oltre sé stessi, incontro al mondo e alla vita.

Orazio Maria Valastro
Catania, 20 febbraio, 2017

Postfazione in Maria Gemma Bonanno, Il Ramarro sogna: antologia poetica (2009-2015), Milano, Lampi di Stampa, 2017

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