La dissidenza poetica come funzione fondamentale di una pedagogia dell’ascolto sensibile di sé e dell’altro

La poetica libertaria, creatrice e dissidente, del diario di un disertore di Bruno Misèfari[1], anarchico italiano, scritto nel 1918 nella prigione di Zurigo, sono un segno fra tanti altri del reincanto generato dalle poetiche contemporanee della dissidenza. Poetiche che aspirano a sottrarre il corpo autobiografico all’isolamento in un tempo e uno spazio esistenziale chiuso su sé stesso, praticando un esercizio concreto di r(e)sistenza nell’elaborazione di un pensiero sulla vita in misura di generare solidarietà e reciprocità, sentimenti fondati su una conoscenza reciproca di sé stessi e degli altri.

Io mi riconosco in questa esperienza, essendo stato io stesso un disertore e un renitente al servizio militare negli anni ottanta, perseguendo un cammino d’erranza adogmatica fatto d’esilio e incarcerazioni, privazioni e ricominciamenti. Riconosco inoltre nella figura del disertore la tentazione di riconciliare la figura del poeta con quella del guaritore, come nella mitologia di Jean Giono nell’ultima versione del suo romanzo sul disertore, vicina al desiderio di liberarsi da un immaginario fondato sull’esclusione dell’alterità. Un’erranza adogmatica di racconti che procedono tra la magia incantatrice di un immaginario notturno, con la sua vocazione di comunicazione tra gli esseri e il mondo, e il fascino di guarire dall’odio verso gli altri, attraverso l’esigenza vitale d’amore che ci lega agli altri e sollecita l’incontro con l’altro.

Gli artisti, scriveva Friedrich Wilhelm Nietzsche, ci hanno dato degli occhi e delle orecchie per vedere e per intendere, anche con gioia, la vita che abbiamo vissuto, così, le donne e gli uomini che oggi fanno l’esperienza dell’arte autobiografica, ci permettono di vedere l’esistenza per provare l’esperienza viva del dolore e della gioia, condividendone le luci e le ombre. I dubbi e le esitazioni che ci accompagnano nel dare una forma estetica alla vita, interpellano l’impegno gravoso di uscire da sé stessi nel tentativo di separarsi da una presenza egoica nel mondo, nella tensione della creazione narrativa per reincantare la vita e pervenire alla serenità nella gioia estetica.

Incamminandoci come funamboli sul filo della scrittura, ci si ritrova a disertare i viali del tempo. Osserviamo dall’esterno la nostra storia di vita provando a uscire dalla temporalità del quotidiano. Avanzando tentoni sul flusso dell’esistenza, cerchiamo di conciliare la parte d’ombra della vita con l’amore verso la vita stessa. Lanciamo la corda dell’amore, sulla quale siamo sospesi tra fedeltà e infedeltà al nostro vissuto, dall’altro lato della profondità dell’incompletezza della nostra umanità, per fare dell’amore verso la vita un lavoro di scrittura di natura estetica ed etica. Trasformiamo il viaggio nell’intimità dell’essere umano in un luogo dell’anima propizio a un’avventura pedagogica che sollecita una cerca di sé e di senso, del tutto e della vita, orientata dal desiderio dell’altro e del mondo insito nel bisogno vitale d’amore, per vivere poeticamente la vita.

Deserter – Tomasz Alen Kopera

[1] Misèfari Bruno, Diario di un disertore: dal Carcere di Zurigo (1918) Bruno Misèfari l’anarchico di Calabria contro tutte le guerre, Firenze, La nuova Italia, 1973.

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