Saggio di mitanalisi: demistificazione e remitizzazione dell’immaginario simbolico e sociale della salute mentale


Bosch Hieronymus, La nave dei folli (dettaglio), 1490-1500

Saggio di mitanalisi: demistificazione e remitizzazione dell’immaginario simbolico e sociale della salute mentale

In questo contributo, ne riporto qui una breve sintesi in lingua italiana, ho preso in esame un’archeologia del sapere moderno per ripensare la follia e riflettere su ciò che ha determinato la costituzione storica della malattia mentale e del sapere medico, su ciò che partecipato, allo stesso modo, al movimento generale di demistificazione razionale delle scienze umane e sociali. Mi sono inoltre soffermato sulle metamorfosi sociali, sulle trasformazioni della follia e della psichiatrica che si sono costituite in malattia mentale, alterando gli spazi sociali che strutturano la relazione tra i corpi in sofferenza e il corpo sociale, per andare oltre l’evidenza delle significazioni pregnanti alle quali sottomettiamo la nostra visione del mondo. Infine, evitando di confondere demistificazione e remitizzazione che non sono inconciliabili, ho esplorato una demitizzazione della salute mentale in quanto chiave di lettura della società contemporanea, oggetto sociale e culturale paradigmatico dell’immaginario di un’epoca, discorso sociale, politico e simbolico che ci svela lo spirito di un’epoca.

È nella distinzione culturale tra ragione e sragione, alle origini del grande internamento degli alienati alla fine del XVIII secolo e XIX secolo, che si fonda la negazione e l’esclusione della follia, la costruzione medica della malattia mentale e la ragione stessa della modernità. L’unità mitica del soggetto e dell’uomo è interamente definita da questa distinzione, paragonando l’alienazione del soggetto di diritto alla follia dell’uomo sociale nell’elaborazione della nozione di follia e l’organizzazione delle pratiche che la sottendono. La struttura asilare nella quale la follia è diventata malattia mentale, ha delineato e ipotecato il monopolio del trattamento legittimo della sofferenza psichica assoggettata al dominio delle istituzioni terapeutiche.

Le problematiche contemporanee rispetto alla storia delle trasformazioni della psichiatria e della follia, fino alla costituzione del sapere e delle pratiche mediche rispetto alla malattia mentale, sono state messe in discussione dalla negazione del modello tecnico istituzionale ascritto nel sistema psichiatrico, sociale e politico, dove prevalgono le funzioni di riparazione e di rinforzo della normalità che riguardano l’insieme della vita degli individui. Le istituzioni terapeutiche sottoposte agli interessi economici e politici, in seno alle società industriali avanzate, trasformando le popolazioni in consumatori di beni e servizi, hanno affermato un’ideologia dell’intolleranza fondata sul carattere morale della concezione della malattia mentale, causando conseguentemente un’estensione della categoria individuata da questa accezione.

Il processo di deistituzionalizzazione, mascherato come grande trasformazione e liberazione dalle vecchie modalità segregative, avvalendosi della nascita di nuove istituzioni ha finito per riprodurre nuove logiche di differenziazione e discriminazione. Ragionare in termini di negazione di questo modello, del nuovo ordine asilare che ha fatto slittare le pratiche psichiatriche in seno ad una pluralità di istituzioni dove prevalgono logiche di rinforzo delle norme sociali, ha rimesso in discussione l’oggetto stesso della psichiatria, la follia, rivelando il non sapere della psichiatria sulla follia, per riconoscere il soggetto nella sofferenza psichica e le contraddizioni attuali nella sua relazione con il corpo sociale.

Rispetto a questa sintesi è interessante soffermarsi su una delle figure esaminate del soggetto in sofferenza come nuova immagine della salute mentale. Il concetto di sofferenza psichica, subordinato alla salute mentale, individua la categoria del cittadino in difficoltà e la nozione di salute mentale come valore sociale di portata generale, definendo la sofferenza in quanto manifestazione della vulnerabilità e postulando l’autonomia degli individui nella gestione della loro vita, della loro salute e del loro benessere. L’articolazione e l’associazione della sofferenza psichica e della salute mentale, collegate alla condizione di autonomia degli individui nell’autorealizzazione di se stessi, dilata ulteriormente i confini stessi della nozione di salute mentale, concetto confuso e indefinito poiché non esiste una rappresentazione unificata, al malessere sociale e alla difficoltà di realizzare il senso della vita.

Come cogliere quindi una remitificazione dell’immaginario simbolico e sociale, rispetto al senso della ricerca contemporanea della salute mentale e alla condizione di sofferenza del corpo individuale con il corpo sociale? Cercando di comprendere il senso e la direzione di una nuova cittadinanza fondata sulla gestione individuale e collettiva delle condizioni di esistenza della vita personale e sociale, collegato alla trasformazione del rapporto tra malattia, salute e socializzazione. Cercando di comprendere il senso e la direzione del movimento in atto dell’immaginazione creatrice di nuove relazioni e istituzioni sociali.

Orazio Maria Valastro, «Essais de mythanalyse : démystification et remythisation de l’imaginaire symbolique et social de la santé mentale», in O.M. Valastro (sous la direction de), Mythanalyses postmodernes de la santé mentale, Roma, Aracne Editrice, 2014, pp. 175-192.

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