Prometeo alla volta di Ermes ed Orfeo

Prometeo di Ehivar Fernando Flores Herrera

Prometeo alla volta di Ermes ed Orfeo

Ciò che fonda la possibilità delle donne e degli uomini di essere un ponte e non una meta, di lasciarsi trasformare da un inedito percorso verso sé stessi e l’altro da sé, è questo viaggio metaforico nel viaggio della scrittura di sé, nel bisogno vitale d’amore per vivere poeticamente la nostra vita e risignificare l’esistenza. Ricordo a questo proposito una frase impiegata per presentare il senso dell’esperienza vissuta della scrittura autobiografica: «scrivere di sé per capire e per capirsi, per donarsi e perdonare». Scrivere come atto volontario di riflessione e possibilità di comprendere che offriamo a noi stessi, è ugualmente la manifestazione della volontà di donarsi in libertà, conferendo grazia e attribuendo bellezza, per mostrare comprensione e perdonare nella speranza di vivere relazioni felici, di vivere per migliorare il mondo. Scrivere per-donare e per-donarsi, è offrirsi alla vita per consentire una crescita umana sollecitata dall’amore.

È proprio l’amore a convertirci in eroi tragici e contemporanei, alla stregua delle figure mitiche di Prometeo ed Ermes. Prometeo, titano fra gli dei più antichi della mitologia greca, figura eroica e benevola nei confronti del genere umano, ha preso le parti della condizione umana rubando e donando il fuoco a quest’ultima. Il ladro del fuoco, che ha subito la vendetta divina per aver infranto la frontiera tra il mondo sacro e il mondo profano, perviene all’abnegazione e alla perdita di sé stesso affermando una bontà che assume una colorazione cristica. Prometeo, desiderando elevare l’esistenza al di sopra dalla tragica circolarità tra il dolore e la trasgressione al divenire delle donne e degli uomini, prova una profonda compassione e comprensione per la loro sofferenza.

Il percorso intrapreso dalle scrittrici e dagli scrittori autobiografi per-donarsi e per-donare, è un processo continuo di risignificazione, apertura e decentramento, una pratica concreta dell’alterità per riceverla in modo trasformativo in un percorso d’amore. Quando si ama o si è amati, è verso l’alterità che l’amore è rivolto. È la vita stessa a costituirsi in quanto amore della vita, «rapporto con dei contenuti che non sono il mio essere, ma più cari del mio essere», come scriveva il filosofo Emmanuel Lévinas, desiderio dell’invisibile, desiderio di fare l’esperienza di qualcosa di assolutamente estraneo che può formarci.

È la figura mitica di Ermes, un’altra divinità della mitologia greca, a mettere in comunicazione esseri disorientati dal divenire che condividono la condizione tragica dell’umanità. Ermes, protettore dei ladri e dei mercanti, interprete e messaggero divino, è il signore delle soglie, la guida alata delle anime sul cammino tra il regno dei morti e il mondo dei vivi. È il dio della comunicazione, giacché è il dio della differenza tra chi comunica, archetipo non del discorso ma del senso di ogni linguaggio letterale e musicale.

Ma per incamminarsi su questo percorso d’iniziazione al mistero della musica del cuore, dobbiamo trasformare il desiderio di sé in desiderio dell’altro e del mondo. Il viaggio nell’intimità del corpo autobiografico è iniziazione alla sinfonia della vita, incamminamento nella coscienza notturna che partecipa alla composizione poetica dell’esistenza per reincantare il nostro rapporto al mondo. Come non pensare alla lezione di mitanalisi di Gilbert Durand sul mito di Orfeo.

Il mito di Orfeo, nelle sue numerose variazioni letterarie, illustra il mistero iniziatico e la musica come simbolo dell’unione dei contrari, complementarità e compenetrazione della luce e delle tenebre, della vita e della morte. Le avventure eroiche di Orfeo nella mitologia greca gravitano attorno al tema principale e ossessivo del viaggio come riattivazione del tema mitico della nostalgia, del ritorno dell’eroe – il nostos – nel dolore – nell’algia – e questo viaggio non è soltanto uno struggimento rispetto a un rievocare il passato.

Il viaggio nei ricordi si declina, ad esempio, in una ricerca della musica che accompagna la nostra vita ed evoca emozioni e sentimenti collegati a persone e luoghi. Una musica evenemenziale associata a particolari momenti e luoghi, eternamente presente negli elementi della natura, che penetra l’anima e la riscalda lenendo la sua sofferenza o partecipa dei momenti felici della vita.

La musica ci avvolge e ci dà serenità lenendo le nostre pene e iniziandoci, nel movimento della scrittura di sé, al tempo puro che ci affranca dal tempo come successione di giorni, dal tempo mortale, e ci immette in un tempo sacro dove la musica è ascolto, quell’ascolto sensibile di sé e dell’altro che non è mai circoscritto al visibile e ci permette di procedere in questo cammino nell’intimità della persona e del mondo che la circonda.

Desiderio dell’altro e del mondo, è in sostanza desiderio di comprendere il nostro essere nel senso del tutto per elevarsi al di sopra dell’incompiutezza della condizione mortale che ci sovrasta, alla ricerca di un sapere autentico fondato sul superamento delle divisioni che ci permette di trascendere incomprensioni e divergenze. Lo spirito dello scrittore autobiografo è al tempo stesso apollineo e dionisiaco. Apollineo poiché ricerca, tramite il pensiero, di ricostruire con la scrittura il flusso della vita, di mettere ordine nel caos dell’esistenza. Dionisiaco, in quanto non abbandona la ricerca del senso dell’esistenza, saldamente ancorato all’impulso vitale verso la vita e l’amore, nella consapevolezza dell’esperienza comune del dinamismo tragico della vita stessa. Quando pensiamo agli scrittori autobiografi, credo che siano questo stesso spirito e questa stessa consapevolezza che riescono a condividere come una comunità esistenziale.

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