In questo post del mio blog mi ripropongo di portare all’attenzione delle lettrici e dei lettori della rivista che dirigo (M@GM@ Rivista internazionale di scienze umane e sociali), un articolo particolarmente stimolante e illuminante, scritto da Luc Dellisse. Ne ho selezionato un frammento significativo, traducendolo liberamente dal francese, sollecitato altresì da diversi messaggi indirizzati alla direzione della rivista, dispiaciuti di non poter leggere in italiano alcuni brani rilevanti delle riflessioni dell’autore.
Apprezzo moltissimo Luc Dellisse e la sua scrittura, lo stimo immensamente, inoltre, per aver sostenuto il premio Thrinakìa che ho ideato nel 2013, prendendo parte alla giuria, un premio internazionale di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche, dedicate alla Sicilia. Dal suo articolo scritto per il nostro convegno di studi “In cerca di mitanalisi”, tenutosi all’Università René Descates di Parigi, nel mese di ottobre del 2017, e intitolato “Lo spirito del desiderio”, ho scelto di tradurre alcuni frammenti per questa sezione del blog dedicata alla mitanalisi. Credo che questo testo sia un ulteriore contributo alle riflessioni dei ricercatori indipendenti che si riconoscono nella «Società Internazionale di Mitanalisi» fondata da Hervé Fischer, e ci invita ad assumerci sempre e comunque il rischio di fare appello al nostro desiderio e al mito, per vivere in un mondo differente guidati dalla volontà di voler comprendere e amare.
«Sono consapevole della grande solitudine della specie umana: nasce da un miracolo che non ha nessuna possibilità statistica di prodursi una seconda volta. È difficile ignorare la sua preziosa ed effimera rarità. Il nostro unico dovere è consentire il proseguimento dell’avventura, e tutti i mezzi sono buoni. I migliori fra questi non consistono nel diffondere intorno a noi il flusso dell’oscurità che circola nelle vene del mondo come un veleno mortale.
Il desiderio che ha origine in noi stessi e ci spinge a cercare momenti di poesia concreta nell’apparente inutilità del mondo, è al centro del dispositivo della giovinezza che lo spirito cela e cerca di preservare fino alla fine. Senza di lui, la nostra vita, dall’adolescenza fino agli ultimi giorni, sarebbe un’usura lenta, una lenta regressione, del nostro potere creativo. Cessando di desiderare, smetteremo di voler capire e amare, di cercare invano ciò che non esiste: un pianeta abitabile, non nella galassia, ma proprio qui.
In un mondo fatto di favole e popolato di fate, come il nostro tende a diventare, una visione serena dell’attività umana produttrice di miti, mantiene sia l’energia dell’azione che la distanza critica; e questo è il minino indispensabile per fare un lavoro utile.
Esiste il sentimento del mito: vale a dire l’intuizione che esiste una realtà magica, informale e sconosciuta, nel desiderio e in ciò che promette.
Ritrovare questo sentimento impellente, questa brama di guardare dall’altro lato dell’apparenza e di osservare in faccia gli esseri senza veli, suppone un lavoro dello spirito sul corpo, per restituirlo alla sua sensibilità iniziale. Tutto deve essergli consacrato, poiché si tratta dell’avventura immaginabile più immensa: fare entrare nelle reti del senso ciò che senza dubbio non ha un volto.
Il sapere, la scoperta, la sorpresa, l’inquietudine, l’amicizia, il sentimento del pericolo, l’opera e la sua assenza, la collera, il senso dell’umorismo, la velocità, sono alcuni stimoli che ci rendono capaci di formarci una visione.
Ciò che definisco visione è il compimento del mito, quando smette di essere scrittura e diventa costellazione.»
Luc Dellisse
(Libera selezione e traduzione tratta dall’articolo di Luc Dellisse «Lo spirito del desiderio», pubblicato in L’esigenza d’attualità della mitanalisi, a cura di Hervé Fischer, Ana Maria Peçanha e Orazio Maria Valastro, M@GM@ Rivista internazionale di scienze umane e sociali, vol. 12 n. 2, 2018, Catania, Osservatorio dei Processi Comunicativi)