La Sicilia come mito paradigmatico dell’insularità postmoderna

Orazio Maria Valastro, La Sicilia come mito paradigmatico dell’insularità postmoderna, Agorà Rivista di cultura siciliana, n.56, 2016, 43-47 pp.

Se l’insularità è un fatto di coscienza, parafrasando le parole di Leonardo Sciascia mi pongo la seguente domanda: le donne e gli uomini che vivono sulle isole sono diversi da quelle e quelli che vivono in terra ferma? La poetica insulare della scrittura autobiografica contemporanea, implicando una sorta di autoterapia della solitudine, non caratterizza piuttosto la memoria e l’immaginario della Sicilia nella narrazione individuale e collettiva come una metafora della condizione dell’umanità del nostro tempo?

La scrittura intima ci permette di guardare dall’esterno l’esperienza vissuta del quotidiano e le preoccupazioni della vita di tutti i giorni, situandoci fuori dalla coscienza ordinaria dell’esistenza, manifestandosi come una terapia della serenità in quanto possibilità di formazione di una dimensione somatopsichica e spirituale della persona, e designando un percorso per il benessere dell’individuo in cerca di sé e di senso.

Il vissuto non si può dominare, la memoria storica elaborata e ordinata non può soggiogare la condizione fabulatoria dell’essere umano, il desiderio di andare alla ricerca di una storia, di fare l’esperienza della narrazione e della scrittura di sé.

Se la Sicilia ci offre la rappresentazione di problematiche e contraddizioni non solo italiane ma anche europee, al punto di poter costituire la metafora del mondo odierno, è attraverso l’immagine dello zolfataro demoniaco di Leonardo Sciascia che si mette in movimento lo sguardo di persone comuni sul mondo, non soltanto attraverso la visione storica delle élites sociali.

È nella figura di quest’uomo privo del tradizionale senso della roba e del denaro, nella descrizione di questo personaggio demoniaco che altera i valori dominanti rischiando la vita quotidianamente, che ritrovo una continuità con le telemachie eroiche notturne sospinte da nuove e inedite inquietudini per vivere poeticamente la vita.

Un voler vivere radicale che assume il rischio del cambiamento e della trasformazione interiore, un voler vivere in cammino e in mutamento tutelando l’amore verso sé stessi e gli altri che ci permette di resistere alla crudeltà del mondo.

La poetica insulare di queste opere ripudia un immaginario fondato su un sentimento di immutabilità e isolamento, convocando la speranza di trasformare una condizione di immobilità e sofferenza esistenziale in un panorama interiore sostenuto da un nuovo sentimento di adesione e partecipazione alla vita.

La Sicilia come mito paradigmatico dell’insularità postmoderna
1. Il reincanto della poetica insulare
2. Telemachie eroiche notturne
3. Thrinakìa nella scrittura di sé

One thought on “La Sicilia come mito paradigmatico dell’insularità postmoderna

  1. Sono convinta che l’insularità costituisce un punto di forte confrontazione per ogni individuo che ha le sue origini in un luogo circondato solo dal mare. Se penso a un albero non mi viene in mente un pino o un cipresso, ma un cespuglio di fichi d’india che sopravvive per miracolo, senza acqua e senza terra e quasi senza radici: questa é la mia insularità che vivo giorno per giorno. Hai scritto un bellissimo contributo su questa tema. Grazie.

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