La figura mitica e fantasmatica de La Bella Angelina

Rossella Jannello, La Bella Angelina, Catania, Carthago Edizioni, 2017.

La figura mitica e fantasmatica della Bella Angelina

Una biografia, la storia di Angelina Mioccio, scritta da Rossella Jannello, che è diventata scrittura e letteratura di genere.

«E così la porta della mia cappella è stata murata con una lastra di metallo attaccata col fuoco alla grata. Un nuovo sepolcro che mi esclude dal guardo e dalla memoria, consegnandomi a una nuova e diversa morte, quella della memoria della mia città. (…) Ma io sono morta per restare e devo seguire ancora e ancora il mio destino.»

La Bella Angelina muore suicida a Catania nel 1911, lanciandosi dal torrione del Castello di Leucatia che il padre fece costruire per lei, quando, dopo il suo diciottesimo compleanno, la promise in sposa a un buon partito. In questo luogo, dove la presenza della Bella Angelina pervade in modo misterioso le attività culturali della Biblioteca Rosario Livatino, insieme all’autrice, e altre persone, abbiamo condiviso l’esperienza della scrittura autobiografica. Ed è singolare che la memoria di questa giovane donna, evocata e restituita alla sua città attraverso la scrittura di Rossella Jannello, diventi una biografia, diventa vita. Poiché la Bella Angelina, sottratta all’oblio della cappella gentilizia del cimitero della città nella quale risiede il suo corpo imbalsamato, affidato dal padre, e nuovamente contro il suo volere, nelle mani di un mummificatore, diviene una figura simbolica della nostra umanità e del nostro divenire, ieri come oggi, donne e uomini nella società nella quale viviamo.

Scrivere la vita di una giovane donna vissuta e morta suicida agli inizi del novecento, ha profondamente addolorato l’autrice che ha incontrato la storia della Bella Angelina molti anni prima della pubblicazione di questo libro, elaborando nel tempo un patto biografico con la figura di questa donna. Un patto biografico fondato sostanzialmente sul desiderio di restituire e rendere comprensibile la condizione umana ed esistenziale di Angelina Mioccio, senza ripiegare in una soluzione letteraria tesa a rendere comprensibile il suo suicidio per riscattarla da questa tragica fine. Il suicidio degli uomini ha assunto più volte, nella storia, una valenza morale o, se non altro, non è stato sistematicamente criticato, laddove il suicidio delle donne è stato recepito come ambivalente, convertendo le donne in eroine ma rigettando un agire moralmente discutibile in quanto sovversivo. La letteratura ha avuto il pregio di rendere maggiormente comprensibile il suicidio delle donne come espressione di un disagio, la manifestazione di conflitti psichici e sociali che confluiscono nella difficoltà di essere una donna in una società costruita a misura d’uomo.

Dall’incontro e dalla relazione tra Rossella Jannello e la storia di Angelina Mioccio, quest’ultima rivive in forma letteraria, una biografia, per essere nuovamente presente a sé stessa e agli altri attraverso lo sguardo del biografo. Uno sguardo che anima uno spazio poetico declinato al presente e tremendamente attuale, uno spazio poetico che riesce a evocare la storia della Bella Angelina senza doverla necessariamente riscattare da alcuna colpa o disonore, restando fedele al tempo e alla società in cui ha vissuto ma sottomettendo la narrazione biografica al processo della creazione letteraria. Il distacco tra i lettori e la storia della Bella Angelina è ricucito scrivendo in prima persona, lasciando raccontare ad Angelina la sua vita, accompagnando la sua narrazione ed evocando il suo vissuto, documentando le traiettorie e le relazioni sociali nel contesto culturale nel quale ha fatto l’esperienza del suo mondo. Ma il ricordo della Bella Angelina che oggi dimora mummificata dentro la cappella gentilizia del cimitero di Catania, dimenticata dalla sua città, sembra non poter risanare una memoria collettiva apparentemente indifferente e incurante del destino di questa donna. L’autrice deve pertanto confrontarsi con quello che gli altri narrano della storia della Bella Angelina, con quello che gli altri credono di comprendere della sua vita. Deve dare voce alla figura mitica e fantasmatica della Bella Angelina, partecipe della memoria della città attraverso la sua misteriosa presenza, facendo coesistere la creazione di racconti significativi per la vita di tutte e di tutti, narrati nella costruzione immaginaria della sua vita e della sua morte, con il fantasma della giovane donna presente in tutta la sua funzione fabulatrice per dare valore alla sua tragica fine e avanzare significati universali per l’esistenza umana.

Scrivere la vita di una donna, senza scrivere prevalentemente di una donna in quanto figlia o promessa sposa, collocandola o relegandola in una o più posizioni e ruoli sociali, nella costruzione della relazione di genere, della relazione tra padri e figlie, tra uomini e donne, organizzata in contesti sociali e culturali patriarcali, senza analogamente volerla interpretare con una finalità funzionale a un ambito politico o morale, religioso o scientifico, manifesta il desiderio recondito di sollecitare l’immaginazione narrativa dei lettori per intuire il destino della Bella Angelina, considerando in modo empatico le emozioni e le speranze vissute. Il destino della Bella Angelina è forse quello di essere morta per restare nell’immaginario delle donne e degli uomini come donna bambina, donna mummificata e donna fantasma?

Una donna bambina, la bella addormentata, è il primo tema narrativo sul quale si instaura la figura eterna della Bella Angelina. Una donna mummificata, una donna imbalsamata che non appartiene al mondo dei vivi né a quello dei morti, è il secondo tema che la immobilizza fuori dal tempo in questa condizione. Una donna fantasma, la cui figura aleggia nel Castello Leucatia, una dea bianca, sulla scorta del nome di origine greca, leukòs bianco e thea dea, è il terzo tema dispensatore di immortalità poetica. Il processo creativo della scrittura, organizzando e drammatizzando il racconto di vita della Bella Angelica, opera come una sorta di remitizzazione, restituendo un altro destino alla matrice mitica e fantasmatica che la struttura, rendendo operante un’altra prospettiva, non quella dell’immobilità isolata nella sofferenza esistenziale, ma quella del reincanto che mantiene viva la speranza, senza alimentare false illusioni e al tempo stesso senza disincantarci, nella nostra comune umanità, nella nostra capacità di condividere l’esperienza collettiva della vita nel rispetto della vita stessa, di sé stessi, degli altri e del mondo.

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