Immagini contemporanee del dissenso

Dissent of the form – Pink Hair (Inger Nova Jorgensen)

Immagini contemporanee del dissenso
Orazio Maria Valastro

1. Esercizi di equilibrio e di inserzione nell’esistenza
2. Sentimenti e valori aperti all’alterità oltre il sistema di attese socialmente legittime
3. L’immagine dell’invasione e l’etica dell’impermanenza

Tomo 1, Teorie e discorsi, a cura di Antonio Carnevale, ISBN 978-88-6760-490-6
in Etnografie del dissenso, a cura di Patrick Boumard e Vito Antonio D’Armento
Lecce, Pensa Multimedia Editore, 2017

Se pensiamo al mondo sociale come a un qualcosa di tangibile, sottoposto a tensioni e lacerazioni, lo consideriamo fragile, ed è verso i processi di fragilizzazione societaria, sociali e personali, alla fragilità delle relazioni e dei rapporti sociali che volgiamo lo sguardo. Dare forma a un’immagine coerente del mondo, cercando di comprenderne la sua fragilità, ci induce di frequente a concepire e, al tempo stesso, sostenere la stabilità sociale come un valore e un principio funzionale all’esistente e all’esistenza. Così facendo, preferendo il punto di vista della stabilità, ne trascuriamo la sua peculiarità condizionata e differenziata, rischiando di separare l’esistenza stessa dal suo perpetuo cambiamento assimilandolo come un valore secondario. Confrontarsi con la fragilità del mondo sociale implica, tuttavia, il coraggio di abbandonare i percorsi ontologici della conoscenza osservando molteplici punti di vista, rinunciando alle verità poste al di là del soggetto e della vita stessa, assumendo la consapevolezza dell’indeterminatezza della vita quotidiana e dell’esistenza.

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Gli errori e gli orrori della modernità, il consolidamento di nuove ortodossie attraverso la sacralizzazione degli apparati di partito e l’istituzionalizzazione di una intolleranza violenta nei confronti dei dissidenti, corrispondono sciaguratamente a un disegno positivista di ricostruzione spirituale dell’Occidente, fondato sull’importanza vitale delle dimensioni politiche, economiche e sociali dell’esistenza. E allora, non v’è dubbio che per resistere alla crudeltà della vita e del mondo, per affrontare la complessità della vita e del mondo, dobbiamo comprendere le nuove forme sociali di dissidenza che hanno origine da questa ricostruzione del mondo occidentale, per volgere lo sguardo verso l’appello a quel desiderio di infinito che va oltre il sistema di attese socialmente in vigore. Un approccio trasversale e transdisciplinare può volgere lo sguardo verso quelle sensibilità dissidenti sollecitate dal desiderio di essere altro rispetto alle attività pratiche istituite, conferendo una doppia peculiarità all’esperienza umana, la sovversione e l’anticipazione a questo stesso desiderio, a questa capacità di destrutturare o di accedere a una non strutturalità del vivere quotidiano per cercare quella libera spontaneità esistenziale negata dalla vita sociale. Se il ruolo del sociologo è, finalmente, quello di trovare quelle immagini e quelle parole nelle quali ognuno si possa riconoscere, le immagini contemporanee delle relazioni umane rapportate al dissenso possono essere restituite come forme estetiche rinnovate del sociale, poiché reggono e ordinano un contenuto sia cognitivo che emozionale, una rete di corrispondenze tra senso, valori ed emozioni.

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Come volgere uno sguardo più attento alle immagini contemporanee del dissenso? Consentendoci di conoscere meglio noi stessi e gli altri attraverso il dialogo e la capacità di vedere, come capacità umana di mettersi in relazione con l’altro. Questo ha consentito una riflessione in grado di distaccarci da quelle immagini rassicuranti che le discipline delle scienze umane e sociali hanno generato e che si sono imposte e duplicate, riproducendosi sullo sfondo di quel sentimento di disagio e sgomento rispetto alla fragilità della società. Immagini contraddistinte da quelle peculiarità che riducono i fattori di dissenso rappresentando una società della conformità e del consenso, una società ripetitiva che riproduce di generazione in generazione e senza variazioni significative le sue strutture. L’etnologo e sociologo Georges Balandier si domandava, a questo proposito, se quelle caratteristiche dominanti e omogenee attribuite alle immagini delle società tradizionali, ostacolassero altresì il rinnovamento della ricerca antropologica impedendole di distinguere e riconoscere in queste stesse società tradizionali il luogo di profonde trasformazioni sociali e culturali. Se queste immagini rassicuranti sono quindi da situare in una modernità definita dal movimento e dall’incertezza, riprendendo la stessa formula usata da Georges Balandier, è proprio nel riferimento all’incertezza che la condizione delle donne e degli uomini della modernità è vissuta, percependo l’instabilità e la provvisorietà che la attraversa come qualcosa di enigmatico che non riusciamo a comprendere.

Eppure è il movimento, che tiene insieme l’ordine e il disordine, a ridurre il peso dell’istituito e alimentare strappi creativi nel tessuto sociale, a confrontarci con tutto ciò che contraddice l’equilibrio personale e collettivo, lasciandoci convivere con la precarietà e la problematicità della comprensione del mondo. Questo senso di estraneità, il rischio di divenire stranieri alla nostra realtà, di non comprendere più il nostro essere nel mondo, è da mettere in relazione con il mondo globalizzato nel quale la gestione del quotidiano è vissuta attraverso cambiamenti ricorrenti, e la temporalità è schiacciata e compressa in un agire vissuto nel presente. L’incertezza radicata nel quotidiano invade l’essere umano e come in un gioco di specchi trova riflessa, nella rappresentazione del movimento del mondo, l’immagine dell’invasione.

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La consapevolezza della fragilità della nostra condizione di donne e uomini della modernità produce uno spaesamento, il bisogno di decifrare ciò che è infelicemente identificato o difficilmente identificabile, o eventualmente insoluto, il desiderio di comprendere il movimento dell’esistenza che lascia coesistere la continuità e la discontinuità della vita e delle sue molteplici forme nelle quali si manifesta.

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La dissidenza è iscritta, pertanto, al centro dell’esperienza del mondo, dove i valori estetici che contaminano l’insieme della vita sociale servono di supporto a diverse forme di socialità, delle forme estetiche particolari che sono altrettante etiche di un umanismo presente dove i corpi manifestano la loro differenza non per affermare divisioni ma per sollecitare l’altro a rivelare la sua stessa differenza. Le scienze sociali, ineluttabilmente, non possono limitarsi a conoscere il mondo o riconoscerne la sua impermanenza, devono guardare verso il radicamento dinamico delle donne e degli uomini nella tragica impermanenza dell’esistenza considerando un approccio comprensivo della ricchezza e della contraddittorietà del mondo sociale.

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